
Da Marcianise si parte per conquistare premi e medaglie. Non solo nella boxe. Raffaella De Vita, trentasettenne casertana che nel paese dei pugili d’oro ha trascorso l’adolescenza e maturato la passione scientifica, sta per ricevere dalle mani del presidente Obama la più alta onorificenza attribuita ad un giovane ricercatore: il Presidential Early Career Award for Scientists and Engineers per il 2012. Alla Casa Bianca De Vita sarà l’unica italiana premiata, ma per ricerche sulle patologie del pavimento pelvico in corso negli Stati Uniti.
Una laurea in matematica a Napoli e un PhD in ingegneria meccanica negli Usa, dove si è trasferita nel 2000. È assistant professor (una sorta di ricercatore a tempo determinato) presso il Dipartimento di Engineering science and mechanics del Virginia Tech, college di prestigio. “Un ingegnere meccanico costruisce una macchina, io studio prima come la macchina funziona” dice di sé.
Nel tempo libero (poco) si diletta anche di cucina e ha imparato a fare il pane in casa “perché quello americano mica è buono come il nostro”. E pazienza se la mozzarella per la parmigiana negli States non si trova, tanto il marito, un matematico rumeno, non è un buongustaio.
È da Blacksburg, in Virginia, che De Vita ci racconta la sua storia. “Prima di tutto le spiego come funziona il sistema americano, così si capisce come sono arrivata a questo premio. Negli Stati Uniti i fondi sono attribuiti sulla base delle proposte inviate dai ricercatori alle agenzie nazionali, nel mio caso alla National Science Foundation. Lì vengono classificati in base al merito. Un canale di assegnazione è riservato agli assistant professor, i giovani ricercatori, dove ‘giovane’ va inteso in senso professionale, non anagrafico. Se cominci un’attività di ricerca a 45 anni e la svolgi da poco puoi ancora accedere a questo finanziamento”.
“Solo il 10% dei progetti presentati vengono finanziati. Tra questi c’è un’ulteriore scrematura e i vincitori sono premiati dal presidente Obama. L’ultima selezione si basa su tre criteri principali: novità del tema di ricerca; novità della metodica; presenza di una componente educativa. Io, per esempio, organizzo un summer camp di orientamento per studenti della scuola secondaria superiore con disabilità fisiche o mentali, interessati ad intraprendere carriere scientifiche”.
Ci descrive gli studi per i quali ha vinto il premio?
Se paragoniamo gli organi del sistema pelvico ad una barca tenuta da funi in un bacino di carenaggio. Gli organi sono la barca, i muscoli del sistema pelvico l’acqua, le corde i legamenti che mantengono gli organi al loro posto. Io studio questi ultimi. Si possono danneggiare per l’anzianità, poiché il tono muscolare cambia e i legamenti sono sottoposti a maggiore tensione, oppure in gravidanza, poiché nel parto naturale sono sollecitati in fase di spinta.
Una donna su tre soffre di questi disturbi: incontinenza urinaria o fecale, oppure un vero e proprio prolasso. La chirurgia in genere interviene su questi legamenti per ripristinare ‘la stabilità della barca’: li accorcia o li rinforza con una rete artificiale che ne modifica la tensione. Ed è proprio questo il punto: se prima di operare si conoscessero bene le caratteristiche meccaniche dei legamenti – cioè l’entità delle forze che possono sopportare, quanto si deformano, quanto tempo impiegano a deformarsi – si migliorerebbe la qualità degli interventi e si potrebbero realizzare materiali più idonei a emulare le proprietà originali del tessuto. Questa conoscenza migliorerebbe anche gli interventi di prevenzione, come la definizione della ginnastica da praticare durante la gravidanza.
Suo padre era operaio all’Olivetti, sua madre è casalinga. Sembra che il sistema scolastico italiano abbia funzionato bene come ascensore sociale, poi però ha maturato l’idea di una carriera negli Usa. Come è successo?
Un professore italiano che già lavorava qui in America venne nel mio dipartimento a Napoli, mentre stavo per laurearmi. Cercava bravi studenti da portare negli Usa. Siamo partite in due; la mia compagna dopo pochi mesi non ha retto ed è tornata in Italia, io sono ancora qui.
Si definirebbe un cervello in fuga?
Sì, se mi confronto con i miei compagni di corso ho avuto molte più opportunità qui. La preparazione italiana è superiore, ma il sistema non crea incentivi e non premia i capaci. Resterò qui.
Ma almeno il suo gruppo di ricerca ha stretto collaborazioni scientifiche con i ricercatori in Italia? Da parte di alcuni questo viene visto come un parziale correttivo al problema della fuga dei cervelli.
Sì, per esempio con il Dipartimento di matematica dal quale provengo. E poi stiamo organizzando un programma di dual PhD con l’Università La Sapienza di Roma: studenti di dottorato frequenteranno i corsi parte in Italia e parte in Virginia. C’è il rischio che il passaggio avvenga in una sola direzione, con studenti italiani che vengono qui, ma senza americani che vanno in Italia.
In effetti mi dispiace, e molto, di non poter ricambiare quanto ho ricevuto dall’Italia. Lo faccio qui con gli studenti americani. Mi consolo pensando che se tornassi nel mio paese non potrei dare indietro niente a nessuno.
Cosa importerebbe dal sistema americano per migliorare quello italiano?
L’onestà e la trasparenza nella valutazione delle capacità, cioè gli elementi anticorruzione. Qui ogni ricercatore può inviare un progetto, come spiegavo all’inizio, e sperare di essere onestamente valutato, in Italia devi rimanere nella cordata giusta. Qui quando hai finito il PhD non devi restare col professore con cui hai studiato, devi andare via per dimostrare la tua autonomia. Un sistema di valutazione basato su parametri oggettivi (anche se è difficile starci dentro) garantisce tutti.
Cosa le manca dell’Italia?
La famiglia, gli amici e poi la cultura. Dopo 14 anni qui mi rendo conto di perdere contatto con la cultura italiana, mi mancano l’arte, la letteratura. Non so più cosa si legge oggi in Italia; anche leggere il giornale per rimanere aggiornata su quello che succede laggiù è sempre più difficile. Ma ho due bambini di sette e due anni e mezzo, avranno più opportunità qui.
