Politica ed Economia

30 anni dopo Adriana Seroni si affossa la parità in Parlamento

Il 4 aprile '84 moriva Adriana Seroni, comunista, lottava per i diritti delle donne negli anni che hanno fatto la nostra democrazia. Un evento alla Camera dei Deputati l'ha ricordata a febbraio, pochi giorni dopo le donne sono state svilite in Parlamento

Rewind: è del 1963 la legge 66 che prevede l’ammissione della donna ai pubblici uffici e a tutte le professioni, compresa la magistratura. Prima di allora, in virtù della legge 1176 del 1919, le donne erano espressamente escluse dall’esercizio della giurisdizione.

Mentre è del 1947, in un’assemblea costituente in cui la presenza femminile era pari al 4%, la bocciatura dell’emendamento che ne proponeva l’ingresso.

Del 1977 è invece la legge 903 che stabilisce la parità tra uomini e donne in materia di lavoro. E solo dell’81 è l’abrogazione dell’articolo di legge che depenalizza il delitto d’onore.

Aldo Tortorella scorre velocemente questi momenti di svolta della storia politica del nostro Paese, unico uomo chiamato a ricordare, in un consesso femminile molto appassionato – Grazia Labate, Sara Ventroni, Marisa Rodano, Lalla Trupia e una ventina di amiche, compagne, colleghe -, la figura di Adriana Seroni a trent’anni dalla morte.

L’appuntamento era alla Camera dei deputati, sala Aldo Moro, esattamente un mese fa e l’invito arrivava da Livia Turco e dalla fondazione Nilde Iotti.

Si sarebbe parlato della “modernità di Adriana Seroni”, per rimettere in luce le qualità umane, intellettuali e soprattutto politiche di una donna “tanto importante quanto dimenticata”, giornalista e parlamentare della repubblica per il partito comunista dal ’72 fino alla morte. E lo si sarebbe fatto dando vita a una memoria condivisa che si definiva man mano attraverso testimonianze di lavoro e ricordi privati. Tanti, affollati, sostanzialmente concordi nel ritrarre una figura schietta, anche brusca, ma profondamente leale.

Una comunista di frontiera che aveva aderito al partito nuovo di Palmiro Togliatti “impegnato – dice Tortorella – a trovare soluzioni e non a fare propaganda”.

Animata da un’idea di politica come gioco di squadra, partecipazione pragmatica, costante dialettica con le istituzioni, Seroni era dotata di un’autorevolezza riconosciuta prima a Firenze, sua città, e poi sulla scena nazionale, che fa di lei “un punto di riferimento fondamentale – Livia Turco in apertura – per costruire una genealogia delle donne nella politica”.

Moderna perché “portatrice di una concezione moderna della politica”, persuasa che le donne non debbano rinchiudersi negli specifici femminili, ma debbano mettere in campo l’interezza della propria vita per governare e cambiare il Paese. E che la questione femminile sia innanzitutto una questione nazionale, strettamente connessa con le sorti della democrazia.

Adriana Seroni moriva il 9 aprile 1984 e in questi giorni abbiamo appena assistito all’affossamento degli emendamenti sulla parità di genere.

Davvero quel “suo tratto moderno è tuttora irrisolto”, per citare ancora il sintetico intervento di Livia Turco. E il consolante rewind purtroppo si scontra di fronte al nastro usurato che ha di nuovo subito una battuta d’arresto.