
Tanto tempo fa, avevo poco più di vent’anni, un uomo molto più grande di me, un artista, mi diede un consiglio: quello di non rinnegarmi mai. Gli chiesi cosa intendesse, mi rispose che lo avrei capito, forse, molto più avanti.
Mi chiamo Ilaria Vitali, sono nata nel 1970 a Parma, una piccola città dell’Emilia intrisa di leggende e tradizioni e questa è la mia storia. Sono passati tanti anni da allora e parecchi prima di capire fino in fondo il consiglio di quell’uomo, quando ho deciso di dare voce ai miei sogni, andando contro i giudizi e ribellandomi ad una vita che non mi apparteneva più.
Ho lasciato la via segnata, quella fatta di certezze e illusioni, per la via incerta, quella che può fare paura ma che regala emozioni ed esperienze, perché un sogno, se lo si lascia morire, è un sogno sprecato. Ho abbandonato un lavoro e una casa sicuri, la stabilità economica ma anche insoddisfazione, frustrazione e quella tremenda sensazione di guardarsi allo specchio non vedendosi più.
Ho trovato la mia anima gemella, uno di quegli uomini che spesso non scegli perché il rischio è troppo alto. Ma io lo feci, e feci bene. Insieme siamo diventati moderni nomadi alla scoperta del mondo, e per mondo intendo ogni posto che ci ha fatto vibrare. La nostra è una ricerca infinita, una costruzione talvolta inconsapevole di un mosaico dalle tessere più diverse che misteriosamente combaciano con una perfezione che solo nella natura ho avuto modo di rilevare.
Siamo in viaggio da quasi tre anni, di cui due vissuti tra Singapore, Sri Lanka, Thailandia, Malaysia, India e ora Messico. In questi anni ho aperto gran parte dei cassetti dove i miei sogni stavano morendo, rendendoli ancora più grandi, ma soprattutto realizzandone tanti.
La vera difficoltà che si incontra quando si recupera una libertà assoluta è quella di rendersene conto e di riuscire davvero a goderne, perché, come direbbe l’acuto Silvano Agosti, “lo schiavo non è più tanto quello che ha la catena al piede quanto quello che non è più in grado di immaginarsi la libertà”. Agli inizi è stato elettrizzante, poi è subentrato lo sforzo di imparare a convivere con uno stile di vita nuovo, fatto di giornate passate nella foresta, mesi in metropoli asiatiche, momenti indimenticabili trascorsi a comunicare con persone che parlano una lingua diversa dalla tua e che ti presentano la vita attraverso punti di vista lontani dai tuoi.
Come donna ho toccato con mano la difficoltà che certi luoghi comportano, dall’uscire di casa da sola al rapportarsi con mentalità che considerano le tue azioni inconcepibili, come gestire una trattativa per l’acquisto di un mobile quando il falegname è mussulmano. Ho preso coscienza che volendo si può fare tutto, ma che di fronte a certe insormontabili difficoltà è bene chiedere umilmente aiuto e che il sorriso con cui lo fai apre più di una porta, perché nella frenesia di tutti i giorni abbiamo dimenticato la gentilezza.
Ho imparato a tenere alta la guardia ma nello stesso tempo a non essere prevenuta perché la gente semplice può sorprenderti, come quella volta in cui un uomo burbero con un machete infilato nella cinta dei pantaloni si avvicinò a noi solo per offrirmi le sue ciabatte: i miei piedi stavano bruciando sulla sabbia rovente di una spiaggia desolata ed eravamo lontani da casa.
Io scrivo, molto più di prima; del resto ho sempre scritto, ma di sogni spezzati e di maschere indossate per sviare la vista da quella malinconia. Ora scrivo di esperienze, di bizzarre ma reali coincidenze: scrivo di vita. Ho cominciato a tenere un blog dove all’inizio trascrivevo i nostri diari di viaggio e dove in seguito ho continuato parlando di vita quotidiana. I due anni vissuti in Sri Lanka hanno reso possibile la realizzazione di un reportage che non ha lo scopo di consigliare alberghi o ristoranti, bensì vuole essere una mappatura emozionale di tutto quello che abbiamo visto, provato e vissuto.
L’India mi ha regalato il mio primo libro, scritto su taccuini mentre un treno lento dai vetri impolverati ci portava da Delhi a Calcutta impiegando ore e ore di dondolio, notti buie e tanto tè chai in vasetti di coccio. Dietro lo steccato è uno dei tanti casi di auto pubblicazione, grazie a colui che rende i mie sogni reali, mio marito; autobiografia o invenzione, è la storia singolare di una donna che scopre una verità inquietante che nessuno vuole raccontare.
Chi ci contatta desidera avere una ricetta magica per stravolgere la propria vita e renderla unica.
Come avete fatto?
Coscienza dei propri limiti, determinazione, alcune abilità particolari e fortuna, imperatrix mundi.
Incoscienti? Noi siamo vivi e viviamo.
Semplicemente, come mi aveva consigliato quell’uomo tanto tempo fa, non mi sono rinnegata. Questa era la vita che desideravo, questa è la vita che faccio. E come ama dire mio marito, che sorride citando J. Gotti senior, l’importante ogni sera è aver creato ricordi.
