
Eleonora Giovanardi (nessuna parentela con il politico Carlo, “assolutamente no!!!”) è una dei quattro protagonisti della web serie Status, che ha vinto il concorso Are You Series? indetto dal Milano Film Festival ed è incentrata sul tema del non profit. Status, scritta e diretta da Margherita Ferri, Renato Giugliano e Davide Labanti, prodotta da Milano Film Festival e Banca Prossima in collaborazione con MyMovies.it, è ambientata fra i cooperanti italiani, ed Eleonora ha il ruolo di Stoya, una volontaria che si trascina dietro in Albania il fidanzato Fortunato.
Nata a Reggio Emilia 32 anni fa, è laureata in Semiotica alla facoltà di Scienze della comunicazione a Bologna e ha studiato alla scuola di teatro Paolo Grassi di Milano, per poi apparire in varie produzioni teatrali in tutta Italia. In televisione fa parte della squadra di Maurizio Crozza nel programma Crozza nel Paese delle Meraviglie, che concluderà domani sera la sua stagione.
Come sei entrata nel progetto Status?
Ero in tournee a Modena con Emilia Romagna Teatro (Ert) recitando nel Simposio di Platone e un amico mi ha detto che a Bologna stavano facendo i provini per una web serie. Mi sono detta: perché no? Sono andata a Bologna e ho incontrato per la prima volta i ragazzi. È divertente ripensarci adesso, perché eravamo tutti molto tesi e formali, poi quando ci siamo ritrovati in 20 in Albania, tutti under 40, si è instaurato un bellissimo rapporto di amicizia.
In che cosa è diverso recitare in una web serie?
È diversa l’arcata del personaggio: è la prima volta che recito un ruolo attraverso dieci episodi girati non uno dopo l’altro, ma cercando ogni volta di ricostruire a che punto Stoya si trovava nella storia. E sono diversi i ritmi di lavoro: abbiamo girato dieci puntate in un mese con ritmi folli, usando traduttori e comparse albanesi che arrivavano sul set magari con due ore di ritardo. Ci sono stati giorni in cui abbiamo girato dal mattino presto fino alle due di notte. Una vera full immersion e un’esperienza di vita di comunità.
Tutti nello stesso albergo?
Albergo? La troupe alloggiava in una sorta di casa famiglia, e noi quattro attori protagonisti nell’appartamentino di fianco, con la mamma di un ragazzo albanese che ci cucinava pranzo e cena.
Mi pare di capire che ciò che caratterizza una web serie è anche il budget risicato…
Abbiamo utilizzato il budget che ci ha assegnato il festival, per noi impensabile prima di vincerlo, ma diciamo che non ne è avanzato.
Secondo te cosa funziona in una web serie?
Il ritmo, e nel nostro caso il traino della storia che si sviluppa puntata per puntata. Ma funzionano anche le serie come Il terzo segreto di satira, con sketch singoli tenuti insieme da un filone satirico come filo conduttore.
L’ironia è necessaria?
Per stare al mondo, non solo per le web serie! Ma è necessaria anche la capacità di raccontare una bella storia. Purtroppo il pubblico italiano regge poco la narrazione teatrale: hanno successo Paolini, Celestini, e pochi altri.
Perché?
Parlo per me, che ovviamente non sono portavoce del popolo italiano: credo che i nuovi mezzi di comunicazione abbiano avuto un impatto devastante sulla nostra attenzione. Me ne accorgo quando studio, un tempo mi mettevo lì otto ore come un impiegato, adesso la mia attenzione è spezzettata. Non è una critica, intendiamoci, è solo un nuovo modo di pensare. Bisogna considerare queste nuove sinapsi.
Che rapporto hai con i social?
Leggo quello che scrivono gli altri ma faccio fatica a pensare che alla gente gliene freghi qualcosa di quello che ho mangiato. Uso Facebook magari per promuovere uno spettacolo o fare i complimenti per altri spettacoli. Ma non amo né Twitter né Instagram. Facebook mi sembra più pop.
Come usi Internet?
Leggo il giornale al mattino, uso i motori di ricerca, e lo ammetto, scarico qualche serie tv americana, chiedendomi: come fanno a scriverle così bene?
Che tipo è Crozza?
Facendo parte della sua squadra, non sono obiettiva: lo adoro.
Dimmi qualcosa che non sappiamo di lui.
Che è molto puntiglioso. Sembra che faccia il gigione e invece dal punto di vista lavorativo è severo, preciso, prova 200 volte tutti gli sketch. Riesce a lavorare in modo estremamente serio pur facendoci scappare sempre una risata. E ha saputo costruire una squadra veramente affiatata.
Cosa hai imparato da lui?
Ho cercato di rubargli un po’ i tempi televisivi, che sono diversi da quelli del teatro e del cinema. A giugno dell’anno scorso, prima di partire per l’Albania, sono stata in tournee con il suo live show Crozza Italia e ho imparato a stare davanti a 7000 persone, il che non è proprio facile. La prima volta, a Torino, ho pensato: aiuto! Ovviamente sapevo che erano lì per vedere lui, non certo me, ma un po’ d’emozione c’è stata.
Sei timida?
Sono sempre stata molto riservata, un vero orso, ma quando mi trovo in scena non vorrei più andarmene! Anche negli sketch con Mauri – voglio dire Crozza – prima di entrare in scena vorrei sparire, poi però una volta dentro… Ho anche imparato che la televisione è una dimensione diversa. Noi andiamo in onda live con un pubblico di 150 persone, poi però ti rendi conto dell’eco che ha la trasmissione fra il pubblico a casa.
Ti riconoscono per strada?
La gente che mi ha riconosciuto si conta sulle dita di una mano, e non so come abbiano fatto, perché da Crozza ci “apparecchiano” in modo da trasformarci completamente. Quando ho interpretato la Pascale neanche mia nonna ha capito che ero io! Ma è giusto così, tantopiù che il mio obiettivo è di diventare magari brava come Maurizio, non certo famosa come lui.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Partirò a gennaio per la Georgia per una coproduzione di Diario di un pazzo di Gogol, sempre con l’Ert di Modena, con cui a giugno parteciperemo a un festival in Russia.
Che cosa ti piacerebbe diventare in futuro?
È la domanda che mi pongo ogni giorno. Vorrei realizzare due sogni: uno spettacolo teatrale con la S maiuscola, e un bel ruolo in un film d’autore.
Con chi vorresti lavorare?
La butto lì: Garrone e Sorrentino! Poi Virzì, perché ci sa fare con gli attori, son tutti bravi quando lavorano con lui. Sarebbe bello anche vedere un set americano, per capire come funziona una grande produzione: nelle piccole cose che ho fatto io è sempre buona la prima.
Che cosa ti auguri?
Di poter vivere del mio lavoro, il che per me è ancora un miraggio. Questo è un mestiere che si fa con impegno e con amore, dando il 200%: avere in cambio solo la sopravvivenza non è sufficiente.
