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Le merlettaie di Offida, antenate dei makers, ma tutte donne

Un mestiere dove non sono previste quote azzurre. Le merlettaie di Offida nascono merlettaie ancor prima di saperlo, un mestiere che si tramanda da generazioni, per cui servono mani d'oro, luce e silenzio

Offida è un minuscolo paesino dell’ascolano dove ogni femminuccia che nasce è potenzialmente una ricamatrice di merletti. Il più delle volte, la bimba cresce e passa all’atto: difficile trovare donne offidane che non sappiano districarsi agevolmente con tombolo, uncinetti e fuselli (bastoncini di legno). A Offida, infatti, l’arte del merletto si tramanda di madre in figlia (le figlie di mamme indaffarate possono comunque contare su corsi organizzati ogni anno dall’associazione Merletti di Offida), almeno dal Quattrocento, senza che industrializzazione, divisione del lavoro e prodigi 2.0 ne accelerassero, sbrindellassero o modificassero in alcun modo le fasi produttive.

Il merletto di Offida, uno dei più pregiati e raffinati d’Italia, si fa così: si fissa con degli spilli il disegno sul tombolo (cioè un cuscinetto cilindrico, appoggiato su un cavalletto a tre piedi, detto prepenna) e ci si ricama sopra con l’uncinetto, manovrando il filo con i fuselli attorno ai quali è arrotolato. Si tratta di un processo lungo e minuzioso, che richiede luce e silenzio.

A Offida, cinta da mura medievali che la fanno sembrare il pistillo di un fiore, vivono poco più di 5200 persone: luce e silenzio se ne trovano in abbondanza. Anche per strada. Per questo, le merlettaie lavorano nei vicoli, sedute davanti alle porte delle proprie abitazioni. Spesso, camminando per il paese, il solo rumore che si sente è dato dal crepitio dei bastoncini di legno, insieme al fruscio degli scampoli di seta e cotoni cui vengono applicati i merletti.

Che la tradizione artigiana, fino all’Ottocento fonte di reddito primaria della maggior parte delle famiglie offidane, non rischi l’estinzione è un dato desumibile a occhio: molte delle donne che ricamano sono ragazze – alcune di loro, a vederle giocherellare con bacchette di legno e sedute davanti alle prepenne, sembrano batteriste di un gruppo rock un po’ speciale, tipo le Bangles.

Si commette un grave errore a pensare che i merletti offidani siano semplici ricami con cui agghindare tovaglie da corredo o centrini da vetrinette delle nonne: alcuni sono veri e propri manufatti artistici, dalle forme più varie, altri diventano deliziosi corpetti e coprispalle, o ancora lembi che, sempre in un impeto rock, non hanno nulla da invidiare alle applicazioni in crochet che quest’estate hanno spopolato sui jeans di mezza Europa, attraversata dal trend Boho- Chic (cioè un revival dello stile hippy, ibridato con l’esotismo bohèmienne ottocentesco).

Persino Naomi Campbell ha indossato un abito realizzato completamente in merletto offidano (era la fine degli anni Novanta e il capo era stato disegnato dallo stilista Antonio Berardi): le foto sono tutte custodite nel museo del merletto a Tombolo del paese.

In questa storia non ci sono uomini, ma solo fanciulle, donzelle, signore e signorine: è anche per questo che la tradizione è rimasta immutata. A un uomo sarebbe più facilmente venuto in mente di serializzare la produzione, creare una filiera e far finire quegli splendidi merletti nei supermercati, in offerta speciale. Sempre ammesso che a qualche mamma offidana fosse passato per la testa di insegnare i segreti del mestiere a un figlioletto maschio, cosa del tutto improbabile e, finora, mai accaduta. Esistono affari in cui le quote azzurre non possono essere introdotte.