
Maria Paola Romeo, direttore editoriale di Emma Books, si trovava in aereo, in quel particolare momento del decollo durante il quale tutti i supporti elettronici devono essere disattivati. Non poteva rinunciare alla lettura e quindi, spento l’e-reader, stava scorrendo le parole di un romanzo cartaceo. “Arrivata alla fine della pagina però – racconta ridendo – non ho voltato il foglio. Ho provato a cliccarci sopra!”.
Il report sull’editoria del 2013 stima che il mercato dell’e-book nel 2012 abbia raggiunto circa il 2 per cento. Un valore che, in assoluto, sembra ancora modesto ma che evidenzia una crescita rapida: nel primo semestre 2011 la percentuale era inferiore allo 0,5, mentre raggiungeva lo 0,9 a fine dello stesso anno.
La “svista” di Maria Paola Romeo – non così strana per un’editrice abituata a giostrarsi tra cataloghi, titoli, collane tutte “virtuali” – potrebbe quindi diventare storia comune per molti lettori. Se la lettura di libri in Italia tra il 2010 e il 2012 è diminuita infatti dell’1,5 per cento, così non è stato per gli e-book che sono stati scelti da oltre il 3 per cento della popolazione oltre i 14 anni, circa 1,6 milioni di italiani. Una crescita, rispetto all’anno precedente, ben del 45 per cento.
Numeri interessanti che però non raccontano chi lavora alla produzione di alcune delle nuove proposte editoriali di questo settore: come Maria Paola Romeo, appunto, o Marianna Martino di Zandegù. Donne, editrici, digitali.
Emma Books nasce a fine 2011 in un’epoca in cui il digitale era ancora agli albori. Nel nome omaggia Emma Woodhouse, protagonista di uno dei capolavori di Jane Austen. A credere nel progetto l’agenzia letteraria Grandi&Associati di cui Maria Paola è socia e Bookrepublic: “Ci siamo ispirati al mondo anglosassone dove il fenomeno era sviluppato” racconta Romeo, 47 anni.
La nascita della casa editrice al femminile si annuncia al Women’s fiction festival di Matera e si lancia nella pubblicazione esclusivamente in digitale di racconti e romanzi al femminile. Tra le sue offerte commedie romantiche, gialli e noir, cronache di vita vera, ma anche racconti onirici e paranormali, saggi, romanzi storici, classici ed erotici. “Volevamo rivolgerci a un pubblico di lettori forti come sono le donne e sfatare il pregiudizio che siano meno digitalizzate degli uomini. Abbiamo presidiato un settore agli albori e ci siamo imposti proponendo narrativa al femminile quando ancora non andava di moda come ora”.
Zandegù, casa editrice torinese, arrivava da una prima apertura nel 2005 rivolta al cartaceo e a giovani autori con storie fuori dall’ordinario, che rielaborassero in modo unico la realtà. “Abbiamo avuto una buona fortuna mediatica – spiega Marianna Martino, 31 anni, di Torino – ma non altrettanta di vendite. Io avevo 21 anni, ero sprovveduta e un po’… fuori di testa. Ad un certo punto ho mollato per cercare la sicurezza del posto fisso. Per due volte l’ho trovato e l’ho lasciato. Poi sono tornata sui miei passi e ho riaperto la casa editrice nel 2012, questa volta tutta al digitale”.
Zandegù offre reportage, manuali, bignami a fumetti per far riscoprire i classici della letteratura, graphic novel e pubblicazioni fuori collana quando scova libri che non rientrano nelle categorie tradizionali ma che “non si possono perdere”. Pur essendo guidata da una donna, non segue una linea editoriale di genere.
Gli ultimi dati sull’editoria femminile pubblicati dall’Associazione Italiana Editori risalgono ormai al 2011 e raccontano un settore più rosa, non solo nelle attività redazionali e di segreteria: nel 1991 le donne ricoprivano il 27 per cento degli incarichi, nel 2011 superavano il 40 per cento con un aumento del 47 per cento nella direzione editoriale.
“Nei ruoli non direttivi ma operativi le donne sono sempre state moltissime – commenta Romeo – l’aumento è interessante ma riguarda tutti i settori aziendali, dove sono sempre più spesso al vertice”. I direttori editoriali conoscono il loro mondo e l’essere donne: “Non so spiegare il dato per quanto riguarda le case editrici strutturate – riflette Marianna Martino – ma per quanto riguarda i piccoli editori posso dire che le ragazze che si mettono in proprio sono specchio dei tempi. Siamo più intraprendenti e in questo momento difficile aguzziamo l’ingegno. In tutti i campi molte donne sono state lasciate a casa dopo la maternità e devono reinventarsi. Ci si butta su un progetto che era nel cassetto, e si vede come va”.
Il digitale consente libertà di lunghezze di stili, sperimentazioni con elementi aggiuntivi come musiche e video, maggiore creatività. Permette di limitare i costi di produzione e vendita e di velocizzare la realizzazione delle opere. Oltre che di puntare ad un pubblico più ampio: “I nostri numeri sono piccoli ma in crescita – ammette Martino – Il digitale ha un trend positivo e possiamo essere più creativi e innovativi nella promozione. Per avvicinare a questo nuovo modo di leggere organizziamo anche eventi e corsi”.
Un libro in vendita su Internet attraverso i principali canali può raggiungere molte persone, raggiungendo numeri notevoli come 5000 download per libro o 1000 vendite in un giorno. Risultati difficili se una piccola o media casa editrice pubblicasse in cartaceo. “L’obiettivo di un editore, anche online, è farsi notare. Ci si deve definire senza rinunciare alla possibilità di sperimentare”, riflette Maria Paola Romeo.
Essere donne nell’editoria ha i suoi vantaggi. Le Emme – così si definiscono le collaboratrici di Emma Books – si sentono una famiglia, una comunità. Ma comporta anche delle difficoltà. Soprattutto, come nel caso di Zandegù, quando si comincia molto giovani e si ha una forte personalità, e si cerca di essere originali e non banali.
Maria Paola e Marianna non sono pentite di essersi lanciate nell’avventura del digitale, si rinnovano, ci credono: “A volte percepisci qualche dubbio – racconta Romeo – ma sono convinta che quella in digitale non abbia nulla da invidiare all’editoria tradizionale”. Opinione condivisa da Martino: “Non so se il libro di carta scomparirà ma credo si ridurrà, anche solo per una questione ecologica e di risparmio energetico. E poi basta difendere il cartaceo citando l’odore della carta! L’argomentazione è debole. Il supporto non è così importante. L’importante è che le storie vengano ancora raccontate”.
