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Aspettando Sanremo, la Carrà corpo ribelle e soggetto politico

La Raffa nazional-popolare che ha cambiato la storia della tv e del costume. Da icona pop a trend topic, cattolica, ma polemica verso il Vaticano, progressista, movimentista e attenta a tutto ciò che fa Rumore 

“Dammi 3 minuti solo per me. Anche Padre Rotondi ha 3 minuti solo per lui. Perché a me no?”. Già, perché a lei no? Alle mogli no, alle figlie femmine no, alle sorelle no? Era il 1969, Raffaella era stata scelta per affiancare Nino Ferrer nel programma Io, Agata e tu. La portata di uno spazio da one woman show, seppur piccolissimo, in una tv pubblica educata e educativa, composta da uomini, mentre gli studenti occupavano le università e la ribellione sfasciava i pranzi della domenica nelle case degli italiani, fu un punto di svolta. L’essenziale fase pre-tuca-tuca.

I 3 minuti che le furono concessi cambiarono la storia della televisione e del costume, come racconta puntualmente ogni cronaca del successo di Raffaella Maria Roberta Pelloni. La Carrà è stata corpo ribelle e soggetto politico, nata e cresciuta nel Paese reale da cui mai si è sganciata e che sempre l’ha percepita come figura rivoluzionaria cortese.

Ha compiuto 70 anni, è passata luccicando da icona pop della tv catodica a trend topic su Twitter, da padrona del salotto della tv sociale a regina della social tv come giudice in The Voice of Italy. Non c’è dubbio che sarà TT – per quel che vale – anche con Sanremo 2014 dove, come sembra, apparirà di tanto in tanto a tirar su gli ascolti di Fazio.

Ha adottato bambini in mezzo mondo e ha fatto di questo tema a lei caro un programma per Rai1, Amore, che ha tenuto ascolti medi di tutto rispetto per un programma charity. Soprattutto ha convinto gli spettatori a sottoscrivere richieste per 140 mila adozioni a distanza. Neanche Matteo Renzi oggi come oggi sarebbe capace di cotanto proselitismo multipartisan.

Madrina del gay village a Roma e poi sostenitrice dell’Europride nel 2011. Il 25 giugno del 2012 sul palco dello stadio Dall’Ara di Bologna, dove ha cantato Rumore a sostegno dei terremotati della sua Emilia, e ha chiesto alla politica di piantarla con la burocrazia che blocca la rinascita.

Cattolica, ma poco praticante, punzecchiatrice del Vaticano quando detta l’agenda ai governi: ha criticato infatti la legge sulla fecondazione assistita, da fervente sostenitrice del diritto anche per una donna single di avere figli. Ha sempre detto che il suo partito è quello “della gente”, e di non avere padrini politici.

Incuriosita, come molti altri vip compresa la sua compagna di Milleluci Mina, dal Movimento 5 Stelle e dalle promesse di cambiamento di quello che le è apparso un sincero moto popolare per salvare un Paese “che soffre e non lo merita”. Lei che in Veltroni c’aveva creduto e ora legge Il Fatto Quotidiano, la stessa che da giovanissima fu democristiana, e dopo fece sudare a Silvio Berlusconi un (temporaneo) passaggio a Mediaset, costato al cavaliere anni di lusinghe e regali di Bulgari.

Stakanovista, fedele a se stessa, onesta. Può tutto, ma si butta solo quando è sicura e quando decide lei. La verità è che Raffaella Carrà è anarchica fuori e autarchica dentro. Per questo ancora oggi – soprattutto oggi – resta la più amata dagli italiani.